Nuove patologie: il nostro sistema di funzionamento che interagisce con la propria realtà e con la società dell’epoca. Influenza reciproca di antichi automatismi e nuove tecnologie.


Dott. Laura Pettenò*

Come psicologa clinica vorrei poter portare alla vostra attenzione in cosa si traduce la difficoltà di un essere umano sotto l’influsso del suo desiderio e/o della paura e l’incapacità di gestirli. Le nuove patologie, intendendo in questa sede quelle legate soprattutto al mondo digitale, non sono che il frutto dell’interazione tra l’uomo e l’organizzazione della società nell’epoca in cui vengono osservate.

Se osserviamo il nostro sistema di funzionamento mentale mentre interagisce con la nostra realtà e con la società dell’epoca in cui viviamo, le nuove dipendenze diventano l’espressione di più sistemi tecnologici che interagiscono con l’essere umano, con la sua essenza e struttura profonda legata ai suoi automatismi. Quello che oggi viene meglio definito in termini neuroscientifici : inconscio. Quell’inconscio di cui Freud e Jung furono i primi interpreti e scopritori di struttura e funzionamento.

Gli automatismi sfuggono alla volontà e al suo dominio e, contrariamente a quello di cui siamo convinti, i processi inconsci sono la maggioranza dei nostri processi anche nello stato di veglia e siamo meno consapevoli di questi meccanismi anche quando riteniamo essere nella nostra sfera di razionalità. La parte biologica domina l’individuo e finisce per dominare anche il sociale ovvero la morale e la cultura. Quindi gli automatismi si avvalgono di molti elementi e informazioni che vengono sì trasferiti dalla coscienza che li ha inglobati più o meno consapevolmente, rimangono attivi ma silenti, in attesa di situazioni dove possono essere attivati sotto la spinta di uno stimolo emotivo. Nessuna azione o scelta avviene senza l’influenza di un’attivazione emotiva.

Gli automatismi possono venire rimossi, inibiti, perché in contrasto con alcuni potenti fattori bio sociali che condizionano l’individuo.

Utilizzando una metafora: una sorta di vulcano in attesa di esplodere o di estrudere la lava.

Questo fenomeno fa parte dell’organizzazione cerebrale che per elaborare, strutturare e stoccare l’informazione ha anche il compito di lasciare libero il sistema di apprendere nuove informazioni. Quello che ha ripetuto per un tempo sufficiente ed è ben memorizzato e appreso viene organizzato come nucleo che funzionerà in forma autonoma o semi autonoma, uno stato mentale che agisce di default con uno schema preciso.

Dobbiamo anche considerare che ci sono fasi o finestre della vita in cui il cervello è predisposto in modo eccezionale ad apprendere, si creano nuove sinapsi e circuiti che, se resi automatici si fortificano, si specializzano e lasciano “disponibile” il cervello o meglio l’ippocampo di creare nuove connessioni in riferimento alle nuove esperienze che, facendo, ci permettono di apprendere il nuovo. Quello che questo struttura non riconosce è se le connessioni che collega o gli eventi che crea siano giusti o poco adeguati per la nostra esistenza e adattamento all’ambiente in cui viviamo. Non sembra riconoscere il bene e il male di quello che apprendiamo a meno che non ci sia un filtro ambientale o sociale che aiuta a selezionare.

Questo processo di immagazzinamento ed elaborazione dell’informazione rimane molto attivo fino ai 15 18 anni poi questo super funzionamento si ridimensiona molto intorno ai 15 anni. Il cervello quasi impropriamente pota, taglia, come si fa con i bonsai, quello che ritiene non servire più perché magari adoperato poco, in sostanza economizza. Avere dei buoni apprendimenti comportamentali emotivi e sociali nella prima fase della propria vita è molto, molto importante e dovremmo averne molta cura nel periodo educativo. Chi vigila a questa prima fondamentale fase? Genitori, insegnanti, adulti di riferimento, oppure possiamo lasciare il compito ad agenti che non sono agenzie educative, che si occupano però di consumo, desideri indotti, algoritmi per interpretarli. Quello che attualmente configura la società economica politica ma arriva, nella sua superficialità, fino alla profondità dell’identità e alla psiche. Un governo di configurazione. E’ brutale dirlo, ma il cervello e la mente diventano quello che gli facciamo fare e quello che gli facciamo apprendere.

Con questa premessa si organizzano le “nuove dipendenze” ovvero come reagisco emotivamente al disagio o al desiderio in rapporto a ciò che mi circonda. In questo sistema di percezione della realtà esterna e di reazione ad essa si può organizzare un disagio basato su un’emozione sottostante di paura ed ansia; oppure un bisogno, un desiderio, legato a una potenziale ricerca di piacere

In questa interazione con la realtà costruisco anche la mia rappresentazione della realtà sicuramente influenzata anche dalla realtà che mi si vuole far conoscere, che esploro e che esperisco.

Qui si fa riferimento a uno schema di causalità circolare non ad uno schema di causa – effetto.

Le dipendenze della realtà virtuale iperconnessa online, quella realtà derivata e trasportata dai device, entrano nella vita emotiva e vengono utilizzate per ridurre la tensione a un’emozione negativa oppure per soddisfare emozioni positive ma magari considerate trasgressive.

Cosa permette la loro facile penetrabilità? La loro pronta disponibilità e facile accessibilità.

Come si sceglie quel comportamento?

Il fatto che nel passato, la persona abbia individuato, anche casualmente, quel comportamento e ne sia scaturito un risultato valutato positivamente dimostra una potenziale soluzione; oppure qualcuno ha detto o ha mostrato essere stata efficace per lui, anche solo temporaneamente, e per questo viene adottata.

Questa tentata soluzione può portare a delle forme disfunzionali non a delle malattie ma a delle patologie nel funzionamento. In genere le tentate soluzioni sono azioni, comportamenti, idee a cui crediamo perché in passato hanno funzionato, o sono state adottate da qualcuno che dice hanno funzionato. Il soggetto perciò crede di poter esercitare il controllo su quella difficoltà o quel problema utilizzando quella stessa soluzione che in passato è stata utile e funzionale. Qui l’essere umano cade in un autoinganno legato alla sua credenza per giustificare quello che fa. Se in modo non consapevole o consapevole non ne verifica gli effetti cade vittima di azioni reiterate ed esasperate che diventano profondamente negative per lui.

Vediamo alcuni autoinganni che si rivelano poi disfunzionali per le conseguenze che ne derivano.

  • Quello che sto facendo non sono sicuro essere corretto ma lo fanno tutti. Lo fanno tutti
  • Mi illudo di avere il controllo di me stesso attraverso la razionalità. Ho il controllo
  • Se voglio lo posso fare, se voglio posso smettere. Ho il controllo
  • Cerco di raggiungere subito l’obiettivo con il minor impegno e la minor fatica possibile. Ho il controllo
  • Lo voglio subito a qualsiasi costo , Deve essere immediato
  • Non lo so fare, mi costa fatica imparare, è troppo impegnativo quindi delego qualcuno o qualcosa che lo fa per me. , Delega
  • Non va bene quello che ho fatto, come ho reagito, ma me la caverò, non succederà niente. Ottimismo non realistico
  • Vorrei riuscire ad essere come voglio, potrei essere perfetto. Con qualsiasi mezzo, strategia o stratagemma lo faccio lo stesso. Mi serve per differenziarmi. , Perfezione
  • Non voglio scegliere il giusto ma l’opposto di quello che mi viene suggerito.( Sono inconsapevole del fatto che aderisco perfettamente, semplicemente ad altre regole). , Trasgressione
  • Ho bisogno di sensazioni nuove, di continue novità. Devo uscire dalla noia. Novità
  • E’ comodo e lussuoso fa diventare felici. Agio

In fin dei conti le tecnologie funzionano come hanno sempre funzionato nei secoli le invenzioni, le tecniche nuove. L’avanzamento tecnologico è sempre stato una grande prerogativa dell’uomo per raggiungere degli obiettivi con maggiore facilità.

La tecnologia che abbiamo adesso serve ancora a questo. All’inizio era una prerogativa per pochi e quindi ha alimentato il desiderio di possederla, oggi siamo nella seconda fase, c’è la facilità di accesso ma è esagerata, così come ne è esagerato l’uso lo è anche l’illusione di averne il controllo che fa perdere quel controllo arrivando a sfociare nell’abuso. La ripetizione di cui non siamo consapevoli costruisce invece l‘addiction ovvero, quello che io insegno e faccio ripetere al mio cervello e alla mente, o prima o dopo lo fa diventare automatico cosicché non avrò più così tanta possibilità di scegliere.

Quindi se vogliamo fare una scala in modo da confrontarci, gli User usano ma sono liberi di interrompere quando vogliono, utilizzano la loro flessibilità. Chiudo, esco, mi incontro e vado fuori a cena, esco con gli amici, vado a giocare, mantengo i miei impegni.

L’Abuser comincia ad avere difficoltà controllare e quindi entra in una chat e poi continua a navigare. Non si rende conto del tempo che trascorre e se la sensazione di adrenalina o di piacere con l’abuso arriva sempre più tardi deve stare più tempo per ricevere quella gratificazione attesa.

Per gestire in questo ambito di abuso serve l’educazione a interrompere e una buona gestione emotiva oltre alla consapevolezza delle difficoltà di controllo che non sono individuali e soggettive ma anche strutturali. Ad esempio la dipendenza del non riuscire a trattenere l’impulso di controllo di una notifica o arrivare a immergersi nell’attività con il device tale da ignorare l’altra persona.

L’Addict è la perdita di controllo, una vera propria coazione a ripetere che detta le regole fino a rendere schiavi, fino a privare la persona di tanti altri piaceri. Schiavi del problema che non permette all’individuo di scegliere in libertà.

Le nuove dipendenze oggi sono più basate sull’emozione data dal rischio e dal piacere.

Il virtuale non dovrebbe inficiare il reale ma dobbiamo realizzare che virtuale è reale, diventa una realtà comunque esperita emotivamente ed attivamente.

È un dato di fatto che le neuroscienze ci dicono che nei giovani almeno fino ai 14 – 15 anni non sono mature le strutture della corteccia frontale per inibire e attivare il controllo e la gestione emotiva in generale.

Nel mezzo tecnologico, il virtuale è talmente emancipato da sembrare reale, non è più un artefatto. Anche un film è un virtuale ma ad un certo punto termina. Qui si rimane immersi per più ore al giorno, con un device queste ore si moltiplicano, ti fanno sperimentare emozioni, ti coinvolgono, ti fanno partecipare ed essere presente. Quindi è una realtà virtuale che non è più virtuale ma diventa reale. Per alcuni soggetti quella realtà virtuale diventa più appagante della realtà reale al punto tale che cominciano a fare la vita online poco distinta da quella offline e i soggetti più predisposti sono ragazzi giovani isolati che non hanno molti amici. L’attività nel virtuale è meno rischiosa, c’è meno possibilità di provare dolore.

La contropartita è quella di non sviluppare per esempio abilità di interazione le soft skill necessarie ai rapporti sociali e per un domani ai rapporti lavorativi.

Spesso in terapia partiamo dal virtuale per traslare nel reale un “Io onnipotente virtuale” affinchè piano piano accetti i limiti di un Io che si sente impotente nel reale.

Laborit insegnava che ogni cosa ripetuta nel tempo diventa piacevole.

Nelle varie sfere di patologie per esempio abbiamo il cyber sex dove l’8% ricerca sesso virtuale sia soggetti adulti, separati o sposati.Si investe meno nel partner reale e risulta più gratificante. Il 33% sfociano poi anche in rapporti reali.

Gli adolescenti fanno sexting, cioè inviano messaggi sessualmente espliciti, questo soddisfa il piacere ma non c’è giudizio non c’è rischio. Sono foto, video, c’è l’impunità nella chat room dove posso avere l’approvazione di un sacco di persone, magari truccando la mia immagine; mi sento grande e potente e non mi espongo, non ho neanche il rischio di investimento con il partner sul piano emotivo. Lo si fa per noia, per solitudine, per avere valore, per avere più potere.

Un’altra patologia emergente è l’autolesionismo. Il corpo è uno strumento per sedurre per esprimere per comunicare e l’emulazione online fa si che 1 su 4 studenti dagli 11 ai 14 anni hanno condiviso immagini di autolesionismo e 7 su 10 dai 18 ai 21 anni cercano informazioni rispetto all’autolesionismo

E’ diventata quindi non un tentativo di suicidio ma una pratica trasgressiva che può originare sia dal dolore che dal piacere; forma un circolo vizioso dove il piacere dato dalla diminuzione della tensione provocata all’autolesionismo provoca forti emozioni che leniscono il dolore. Dobbiamo anche considerare una cosa che spesso non si conosce: il dolore e il piacere hanno la stessa base neurobiologica, appartengono allo stesso nucleo neurologico e sono regolati entrambi dai neurotrasmettitori del sistema limbico implicati nelle dipendenze. In questo centro della ricompensa e della punizione avvengono il rilascio e l’inibizione di endorfine e serotonina che sono i neurotrasmettitori dell’appagamento e del riposo. Nell’autolesionismo c’è spesso una richiesta di aiuto ai genitori. Nel virtuale l’adolescente con questo comportamento supera la sensazione di abbandono, si trova in una comunità attiva che da consigli e dove diventa con la sua esperienza esclusivo e anche originale.

Con il Gaming troviamo un miliardo di partecipanti ai giochi online! Non possiamo certo affermare che abbiamo un miliardo di dipendenze. Negli abuser e negli Addict la variabile tempo dedicato è alternativo alla realtà e la vita sociale diventa difficoltosa. Si hanno spesso disturbi del sonno e sintomi di agitazione, ansia e tremori. In queste situazioni il gioco è utile per evadere i problemi da affrontare per evadere sentimenti, per trascurare sé stessi. Si è appurato che con i giochi violenti il cervello si prepara neurochimicamente a reagire con aggressività a una minaccia come se fosse reale.

Nell’ambito dei videogiochi possiamo considerare tre categorie di giocatori:

Gli illusi – delusi di sé che hanno la tendenza ad essere ribelli, oppositivi, dove il gioco è un riscatto alle aspettative disattese.

Gli incapaci- consapevoli hanno difficoltà ad avere amici veri e, online, giocano per non essere soli, la loro autostima è spesso bassa.

Gli iper razionali: la loro motivazione principale è scoprire la meccanica del gioco sono quelli che poi diventano esperti.

Con il cyberbullismo si realizza l’uso dei più deboli per permettere al bullo di sentirsi più forte; un modo per non misurarsi ma vincere facile. La gratificazione è proprio la facilità con cui può ottenere questa ricompensa che soddisfa e compensa le sensazioni sgradevoli. Anche la presenza di complici fa scoprire un piacere, quello di sentirsi più forti in un modo semplice. L’uso della scrittura con appellativi offensivi e squalificanti permette di ottenere risultati senza conseguenze con la complicità del gruppo. Senza sensi di colpa perché non ci sono conseguenze.

Il gambling on line, il trading e lo shopping compulsivo sono accomunati dal desiderio e dall’esigenza di diventare o di comportarsi come se si fosse ricchi. L’atteggiamento consumistico incoraggia il possesso, l’acquisto e l’ottenere soldi facili attraverso il gioco d’azzardo, le scommesse. Tutte attività legali che accumulano miliardi di dollari ogni anno e le crisi economiche incrementano questi comportamenti- sfida verso la fortuna, attivano il brivido del rischio e opportunità per cambiare la propria sorte. Nel caso del trading online si costruisce un autoinganno diverso dove la conoscenza e le mosse ponderate vivono solo nella fase iniziale, nei primi investimenti. Quando si comincia a perdere le sensazioni di lucidità vengono meno e la capacità di controllo naufraga sommersa dall’emotività proprio nel momento in cui bisognerebbe prendere decisioni in un modo lucido; così le possibilità di perdere aumentano.

Dismorfofobia, Vigoressia, Diet Addiction sono le patologie della perfezione del corpo. Ossessioni della perfezione che alimentano il bisogno di correggersi, di fare esercizio e di alimentarsi per correggere quello che non va bene.

L’approccio terapeutico della Terapia Strategica si pone l’obiettivo di comprendere come funziona il problema di quella persona, quali sono le tentate soluzioni fallimentari che il soggetto o i familiari mettono in atto e che non hanno funzionato. La logica dell’intervento e il linguaggio terapeutico sarà adattato a quello specifico paziente per aumentare la sua collaborazione e poter attivare gli interventi per il cambiamento. Questi interventi devono tenere conto che la volontà del paziente è la parte più debole. Per questo non è facilmente utilizzabile. Servono delle strategie che aggirino questo ostacolo. Questo si fa attraverso un linguaggio metaforico, suggestivo che evoca emozioni ed esperienze concrete che faranno provare al paziente esperienze emozionali correttive che muteranno la percezione delle situazioni patologiche facendo scoprire alla persona scenari via via diversi che aumentano il controllo sul comportamento patologico con incremento della fiducia.

Nella maggioranza dei casi l’intervento inizia con una terapia indiretta visto che sono i familiari in primis a lamentarsi dei comportamenti patologici. Il paziente nella grande maggioranza dei casi nega il problema.


*Psicologa-psicoterapeuta, specializzata in Psicoterapia Breve Strategica presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo diretto dal Dott: G. Nardone e presso il Mental Research Institute di Palo Alto -California con il Prof. Paul Watzlawick


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *